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rtf rosa gialla foto copyright funnyhowflowersdothat.co.uk min

 

“Giallo” da brivido: il caso è chiuso?!

 

di Anny Pellecchia

 

Tanti anni fa, in una notte da “Mille e una notte”, in Turchia, un gruppo di donne rinchiuse in un harem escogitò un sistema di comunicazione in codice per recapitare messaggi amorosi al di fuori della loro dorata prigione. Il giardino, come ben sappiamo, era una parte essenziale delle ricche dimore musulmane e queste donne trascorrevano molte delle loro ore tra meravigliose fioriture.

Ricordiamo le parole dello scrittore Ali-Nour nella descrizione di un giardino reale persiano «...tutta la terra era tappezzata di fiori dai mille colori, perché la primavera regnava e dominava tutto...». Caro lettore, da un harem non potevano uscire parole, fiori invece sì!

Destino volle che dal 1716 al 1718 soggiornò in Turchia la moglie dell’ambasciatore inglese, lady Mary Wortley Montagu, la quale, tra una fumante tazza di tè e una partita a bridge, venne a conoscenza della mirabile comunicazione floreale.

La gentile signora, nostra rappresentante europea in Turchia, al suo rientro in patria pensò bene di mettere al corrente le signore del tempo, che pur non costrette in harem, non se la passavano poi così tanto bene, tra matrimoni combinati, clausure di fede incerta e senza avvocati a cui potersi rivolgere!

Inutile dirvi che il linguaggio dei fiori si propagò a macchia d’olio in Inghilterra, fino a raggiungere il suo apogeo a metà Ottocento, ai tempi della regina Vittoria, e in tutta Europa, fino a trasformarsi in un’epidemia romantica così sofisticata che era possibile mantenere una lunga corrispondenza senza usare una sola lettera dell’alfabeto, adoperando semplicemente diverse combinazioni di fiori e colori.

Quasi tutti i fiori riuscirono ad attribuirsi ruoli lusinghieri: amore, giovinezza, adulazione, speranza, immortalità, consolazione... Qualcuno meno fortunato dovette esprimere indifferenza, follia, povertà... Solo uno, però, come in ogni famiglia che si rispetti, ne uscì “pecora nera” dalla lista interminabile: la ROSA GIALLA cui spettò il compito di esprimere ODIO.

Beh! voi non ci crederete, ma c’è ancora qualche cliente impantanato in questa storia e quando pronuncia la fatidica frase «Ma la rosa gialla, nel linguaggio dei fiori, non significa odio?» vorrei disintegrarlo all’istante, pensando al tempo che mio padre e tanti colleghi della sua generazione hanno impiegato a far apprezzare questo fiore. Invece sfodero uno dei miei sorrisi migliori e rispondo: «La prego, il linguaggio dei fiori è una lingua morta ormai, e non credo che sia il caso di resuscitarla. Del resto, all’epoca comunicare era molto difficile, mentre oggi basta un sms o una e-mail!». Per fortuna il cliente la prende bene e si lascia convincere!

Vorrei perciò archiviare definitivamente il caso “in giallo”! Prosciogliere con formula piena questo fiore e colore da qualsiasi colpa e lasciarlo libero di esprimersi a migliori significati. Del resto Dio, nel racconto del Diluvio Universale, non aveva inserito il giallo tra i colori dell’arcobaleno? Quest’ultimo identificato come sigillo dell’alleanza divina con gli uomini e con la natura.

L’arcobaleno, con tutti i suoi colori, diventa simbolo di pace tra terra e cielo e, per estensione, a tutti gli uomini. Credo che questo sia uno dei tanti buoni motivi per interpretare il mondo dei colori ed inoltre, l’arcobaleno non si racchiude anche in una bandiera universale, “la bandiera della pace”, spesso colore nelle nostre città, manifestando una comune voglia di pace? 

[Tratto da IL FLORICULTORE, Aprile 2006]

Anny Pellecchia

>> Cresciuta nello storico negozio di fiori di famiglia a Salerno e in un giardino incantato realizzato da mio padre Ugo Pellecchia non potevo che continuare la tradizione e scrivere le mie "Riflessioni tra i fiori" per Il Floricultore. Perché il mondo del verde ha sempre qualcosa da raccontare!

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