Fiori in tavola
Quando la natura si fa cibo, bellezza e memoria
Fin dall’antichità, l’essere umano ha cercato nei fiori un alleato per il gusto, la cura e la bellezza. Ma l’arte di cucinare con i fiori non appartiene solo al passato. Una nuova sensibilità ha riportato i fiori eduli al centro della tavola. È una forma di biofilia gastronomica
Nel terzo appuntamento con gli approfondimenti nati dalla collaborazione tra Il Floricultore e l’Accademia Italiana di Biofilia, parliamo di fiori edibili, una specie di antidoto al gusto standardizzato nonché un modo per coltivare la relazione con la natura anche nei gesti più intimi della quotidianità
di Alessandro Miani
Professore di Prevenzione Ambientale alla Statale di Milano, Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA)
Partner Scientifico Accademia Italiana di Biofilia (AIB)
C’è un gesto che riunisce poesia, cura e sapienza antica: adagiare un fiore su un piatto. Un gesto silenzioso, eppure carico di significato. Perché in quel petalo si condensa una visione del mondo: quella che riconosce nella natura non solo una risorsa, ma una compagna di viaggio, una fonte di ispirazione, salute e relazione. In cucina, i fiori non sono semplici decorazioni: sono messaggeri di un sapere dimenticato, capaci di nutrire il corpo e toccare l’anima.
Fin dall’antichità, l’essere umano ha cercato nei fiori un alleato per il gusto, la cura e la bellezza. Tracce dell’uso alimentare dei fiori si trovano in tutte le culture del Mediterraneo: i Greci e i Romani ne conoscevano le proprietà aromatiche e terapeutiche; nel Medioevo i conventi custodivano ricette a base di petali e infusi; e nelle cucine contadine d’Italia, fino a poche generazioni fa, i fiori erano ingredienti quotidiani. Non solo per insaporire, ma per guarire.
In Trentino, ancora oggi, i fiori di tarassaco vengono raccolti in primavera per preparare sciroppi dal potere depurativo. In Sardegna, i fiori di finocchietto selvatico profumano pani e formaggi. In Toscana, la borragine riempie ravioli delicati. In Sicilia, i petali di zagara – il fiore d’arancio – aromatizzano i dolci pasquali. Ogni fiore racconta una storia, legata al territorio, al clima, alla memoria collettiva.
BIOFILIA GASTRONOMICA
Ma l’arte di cucinare con i fiori non appartiene solo al passato. Negli ultimi anni, una nuova sensibilità ha riportato i fiori eduli al centro della tavola. Non come vezzo estetico, ma come scelta consapevole. Chef e appassionati li riscoprono per la loro ricchezza sensoriale e simbolica. È una forma di biofilia gastronomica: attraverso il contatto visivo, olfattivo e gustativo con elementi naturali, si risveglia un senso di connessione profonda con l’ambiente. Non a caso, numerosi studi in psicologia ambientale confermano che la vista di forme e colori naturali – come quelli dei fiori – attiva emozioni positive, riduce lo stress e amplifica la percezione del gusto
Numerosi studi in psicologia ambientale confermano che la vista di forme e colori naturali – come quelli dei fiori – attiva emozioni positive, riduce lo stress e amplifica la percezione del gusto.
Mangiare un fiore significa rallentare. Significa guardare prima di assaggiare, respirare prima di masticare. È un’esperienza multisensoriale che coinvolge la vista, l’olfatto, il tatto, il gusto – e persino l’udito, nel fruscio leggero dei petali tra le mani. È anche una pratica che coltiva presenza, attenzione, gratitudine.
SUPERFOOD
La scienza, del resto, conferma ciò che la tradizione già sapeva: i fiori edibili sono veri e propri alimenti funzionali. Sono composti per oltre l’80% da acqua, ma racchiudono una sorprendente concentrazione di micronutrienti. La calendula, ad esempio, è ricca di flavonoidi e ha proprietà antinfiammatorie; il nasturzio contiene vitamina C in quantità superiore a quella degli agrumi, ed è noto per le sue proprietà antibatteriche; la lavanda, oltre al profumo inconfondibile, contiene linalolo, che ha effetti calmanti sul sistema nervoso; la borragine è una fonte vegetale di acido gamma-linolenico, utile per la pelle e l’equilibrio ormonale.
Molti di questi fiori sono coltivati oggi in Italia secondo metodi sostenibili, da piccole realtà agricole distribuite soprattutto in Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Umbria. Si tratta spesso di aziende a conduzione familiare che seguono i ritmi stagionali e custodiscono con cura varietà tradizionali. In primavera fioriscono viole, primule e nasturzi; l’estate regala rose, calendule e tagete; l’autunno porta con sé la borragine, la malva e l’erba stella; l’inverno, invece, è tempo di riposo e preparazione.
DITELO CON I FIORI
In questo ritorno ai fiori si legge anche una resistenza gentile all’omologazione alimentare. Mentre la globalizzazione spinge verso un gusto standardizzato e visivamente "perfetto", i fiori rappresentano la libertà del dettaglio, l’imprevedibilità della forma naturale, la bellezza effimera che non si può riprodurre in serie. E, soprattutto, portano con sé una dimensione simbolica e affettiva: offrire un piatto guarnito con un fiore è un gesto che parla. Dice: “Ti ho pensato”, “Ho cercato la bellezza per te”, “Ho scelto la lentezza”.
Il Giappone, da questo punto di vista, ha mantenuto intatta la sacralità del fiore nel cibo: basti pensare ai boccioli di sakura (fiori di ciliegio - NdrR) che accompagnano il riso nei mesi primaverili, o ai fiori di crisantemo usati come segno di purificazione. In Cina, il fiore di loto è simbolo di purezza e viene utilizzato in piatti dolci e salati. Anche in India, petali di rosa e calendula sono da secoli protagonisti della cucina ayurvedica. L’Italia, pur avendo una tradizione ricchissima, ha rischiato di dimenticarla. Ma oggi, grazie a un nuovo dialogo tra passato e futuro, i fiori tornano a colorare le nostre tavole.
Non si tratta solo di estetica o gusto. Utilizzare i fiori in cucina può essere considerato una forma di biofilia applicata al cibo: un modo per coltivare la relazione con la natura anche nei gesti più intimi della quotidianità. Non solo negli spazi architettonici, ma anche nel nutrimento. Secondo Edward O. Wilson, padre del concetto di biofilia: «Abbiamo bisogno della natura non solo per sopravvivere, ma per vivere bene». Portare i fiori in cucina è un modo per coltivare questa relazione.
Abbiamo bisogno della natura non solo per sopravvivere, ma per vivere bene
SEMPLICE MA RIVOLUZIONARIO
La cucina, d’altronde, è uno dei luoghi più potenti di connessione: con la natura, con gli altri, con noi stessi. Ed è forse per questo che il fiore, simbolo per eccellenza di fragilità e bellezza, trova proprio lì la sua nuova casa. Una casa fatta di mani che impastano, occhi che osservano, nasi che annusano, cuori che si aprono. Perché cucinare con i fiori è un gesto semplice ma rivoluzionario. È ricordare che la bellezza non è un lusso: è una necessità. È un ponte tra la terra e il cuore.
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