Luglio 16, 2024

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SIMBOLISMO | Nel buddismo il fiore di Loto, detto “Nelù”, rappresenta la purezza del corpo e dell’anima.

 

LOTO, il fiore che avvicina al Nirvana

 

Nasce in condizioni estreme per trasformarsi in un simbolo di leggiadria. È amato dai maestri spirituali e qui dà vita a emozionanti intermittenze del cuore

 

di Anny Pellecchia

 

Le mattine d’estate al Mercato dei fiori di Castellammare di Stabia (NA) sono particolarmente piacevoli: alle 5 c’è già luce, l’aria è fresca e i fiori sono un inno alla bella stagione. La quantità di piante fiorite sono un invito rivolto ai futuri clienti a vivere al meglio balconi e giardini. Un fornitore mi chiama: «I fiori che piacevano a vostro padre sono arrivati», e così dicendo alza in aria un fascio lunghissimo di steli racchiusi in un cappuccio di foglia. «È proprio vero, sono i fiori di Ugo Pellecchia», rispondo gioendo.

La stagione del fiore di Loto è arrivata. Li acquisto senza neanche chiedere il prezzo, perché non sto comprando solo un fascio di fiori, ma anche un fascio di ricordi. Anni ’60-’70, in negozio due volte a settimana mio padre andava in stazione a ritirare un cesto stracolmo di fiori di Loto. Erano molto in voga all’epoca. La foglia gigantesca diventava un gioco per me bambina, mio padre faceva ruotare le gocce d’acqua all’interno che, come per magia, diventavano palline simili a biglie.

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Poi successe una cosa straordinaria. Un’estate, Cencio e Cecchina Gallamini di Lugo (Ravenna) furono nostri ospiti. Lui per mio padre era un mito. Nel primo decennio del dopoguerra Vincenzo Gallamini (detto Cencio), di ritorno da un viaggio in Giappone, portò con sé alcune piante di Loto che pose in uno specchio d’acqua di ben due ettari. La pianta si adattò talmente bene che la sua famiglia acquistò il lago per valorizzare le potenzialità naturali anche a fini vivaistici.

Furono giorni meravigliosi: Cecchina era un’ottima cuoca, passava tutto il tempo in cucina con mia madre a preparare i suoi piatti regionali e a dettare le ricette. Cencio, invece, era sempre con mio padre in giardino, contemplava estasiato la flora mediterranea e le piante esotiche. È difficile descrivere la gioia di quei momenti, era un tempo dove vivere era empatia, donarsi per arricchire le proprie conoscenze non solo lavorative ma anche d’affetto. E quel grande affetto esplose proprio come un seme di loto quando Cecchina, sapendo che io e mia sorella non avevamo conosciuto le nonne materni disse: «Chiamatemi nonna Cecchina». Cencio si adeguò col suo carattere più silenzioso a diventare Nonno Cencio.

rtf loto esploso

 

L’ESSENZA DEL BUDDISMO IN UN FIORE

Quante cose sono cambiate, quell’Italia bella di cui ero spettatrice con occhi da bambina non c’è più. Mio padre non è più in negozio. I clienti sono più distratti, immersi sempre più in un mondo virtuale, a casa si sta poco, i fiori si acquistano frettolosamente. Il fiore di Loto dura troppo poco per una società che mira all’eterna giovinezza e ha poca dimestichezza con la poesia e le storie romantiche.

«Signora, al mio Paese questi si chiamano Nelù». È la voce di Samara a riportami alla realtà; è il mio nuovo aiutante, viene da Goa (India), non parla molto, ed io rispetto il suo silenzio. Nonostante il suo stentato italiano, mi fa capire aprendo le braccia l’immensità dei Loto nella sua terra. «Nelù», ripeto, «che nome dolce, perfetto per una principessa indiana». Samara è una persona gentile, molto laboriosa e buddista. E proprio questo Loto rosa ad otto foglie è il trono sopra cui siede Buddha.

buddha loto pixabay min

Tutta la filosofia buddista ruota intorno al Loto, una pianta che nasce dal fango, dai bui acquitrini e poi raggiunge l’apoteosi con lo sbocciare del fiore sul pelo dell’acqua. Un’ascesa in verticale verso la purificazione e il raggiungimento del nirvana dove nulla può più macchiare l’animo umano.

Il bel lago creato da Cencio è ancora lì, le piante si sono moltiplicate, oggi la famiglia Gallamini l’ha donato alla città. Perché ogni uomo possa ricordarsi che vivere è un percorso di suolo, tenebre, acqua, aria, luce.

 

[Tratto da IL FLORICULTORE, Settembre 2018]

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

  


Anny Pellecchia

>> Cresciuta nello storico negozio di fiori di famiglia a Salerno e in un giardino incantato realizzato da mio padre Ugo Pellecchia non potevo che continuare la tradizione e scrivere le mie "Riflessioni tra i fiori" per Il Floricultore. Perché il mondo del verde ha sempre qualcosa da raccontare!

       

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