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Sua maestà la CAMELIA

 

Gran parte della popolarità di questo fiore è intimamente legata al romanzo di Alexandre Dumas, “La signora delle camelie”. È stato a lungo il prediletto dall’aristocrazia europea. E il suo nome è anche legato alla produzione di una delle bevande più diffuse al mondo, il tè. Ce n’è quanto basta per inchinarsi alla Regina dell’Inverno

 

di ANNY PELLECCHIA 

 

«Sei viva? Buone feste finite!». È la mia amica Daniela Carrano che, ridendo, si affaccia in negozio per accertarsi del mio stato di salute. «Sì», le rispondo, «anche quest’anno ce l’ho fatta». Ora però i banchi sono svuotati, esattamente come me, e non voglio vedere rosso per un mese. Devo “disintossicarmi”.

Domani vado al Mercato dei fiori di Castellammare di Stabia (NA), in cima alla lista degli acquisti c’è la mia “cura”: la Regina d’Inverno ovvero la Camelia. Arrivo al box di Luigi dell’azienda Iodice Maddalena e senza pensarci acquisto solo camelie rosa. Il mio cervello ha bisogno di rosa eppure non sono un’amante di questo colore.

Ma nulla avviene per caso! Consulto il Feng Shui (antica arte cinese): il colore rosa simboleggia rilassatezza e tranquillità. Secondo i sostenitori di questa disciplina, per avere un buon riposo le pareti della camera da letto dovrebbero essere dipinte proprio di rosa.

“Touché” direbbero i francesi! Sì, tutto combacia. Voglio rilassarmi, dormire, dormire, dormire.

Altro che la bella cortigiana di Parigi, Marguerite Gautier, protagonista del romanzo di Alexandre Dumas “La signora delle camelie”. Lei, di camelie rosa neanche a parlarne. Si appuntava al petto una camelia bianca per venticinque giorni al mese (disponibilità per i clienti) e rossa per altri cinque (fatti di donne).

La prima Camellia japonica arrivò in Italia nel 1786, impiantata dal giardiniere Andrew John Graefer nel giardino inglese della Reggia Reale di Caserta per desiderio della Regina Maria Carolina D’Asburgo di Lorena, moglie di Re Ferdinando di Borbone. Ancora oggi rappresenta una delle più antiche Camelie viventi in Europa. Il fiore divenne in pochi anni il prediletto dall’aristocrazia e dall’alta borghesia. Gli italiani intuirono l’affare e in breve ne divennero i maggiori produttori, soprattutto nel Nord Italia dove questa pianta trova il clima più ideale. Circa 140 produttori del Consorzio Fiori Tipici del Lago Maggiore ogni anno presentano gli esemplari più belli alla “Mostra della Camelia”, prima manifestazione in Italia dedicata a questa pianta.

 

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rtf camelia esploso minHo freddo, nel retro bottega tengo un boiler elettrico per prepararmi una tazza di tè rigorosamente inglese. Stringo tra le mani la tazza fumante e sorseggio la calda e profumata bevanda.

Anche la pianta del tè appartiene alla famiglia delle Camelie: è originaria della Cina e prende il nome di Camellia sinensis. Tra la fine del ’600 e l’inizio del ’700, il tè divenne la principale voce delle importazioni dal Celeste Impero e determinò le fortune della Compagnia inglese delle Indie Orientali. L’Inghilterra intraprese vari tentativi per impossessarsi della pianta del tè, ma i cinesi ne impedirono l’esportazione perché volevano mantenerne il monopolio assoluto. A un certo punto un giardiniere cinese fornì sì delle piante agli inglesi, ma erano solo Camelie simili a quella del tè.

In questo modo la Camelia entrò in Europa, ma sotto false spoglie. Perfino lo scienziato svedese Carlo Linneo ebbe in regalo una pianta di tè che fiorì poi come Camelia!

Una particolarità di questa pianta è che il fiore si stacca dallo stelo ancora intero e non petalo dopo petalo come nelle altre. Ogni qual volta entro nella Villa Comunale della mia città, Salerno, non posso far a meno di raccogliere i fiori di camelie caduti a terra: sono talmente belli e hanno ancora la possibilità di esprimere la loro poesia. Basta infatti poggiarli su di un piatto e se si aggiunge una foglia, un ramo o un sasso il pensiero va subito all’Ikebana (arte giapponese di disporre i fiori - NdR).

Un’altra varietà utile e soprattutto facile da coltivare è la Camellia sasanqua, vera “regina d’inverno”, i suoi fiori sfidano le rigide temperature regalando un tocco di colore a balconi e giardini. E i suoi fiori secchi, come quelli del Gelsomino, vengono usati dai cinesi per profumare il tè.

Prima di lasciarvi, volete sapere chi rubò la pianta del tè ai cinesi? Fu l’inglese Robert Fortune, che nel 1844 entrò nella Città Proibita agli stranieri. Si era travestito di tutto punto da cinese, abito locale, testa rasata e bella parrucca con codino. Naturalmente non poteva passare per un abitante di Pechino, ma la Cina era così vasta e le differenze tra le popolazioni delle diverse regioni così grandi che comportandosi come uno di loro poteva comunque essere scambiato per un visitatore locale. Fece dire dal suo domestico-interprete che parlava solo la lingua di corte. Alla fine non solo si impossessò delle piante, ma riuscì a portare con sé anche capaci lavoranti in India al fine di migliorarne la qualità.

Bevo l’ultimo sorso del mio tè, una cliente mi chiama: «Belle le Camelie», mi dice, «ma solo rosa? Ne ha per caso anche rosse?!!».

«Sì, per San Valentino arriverà tutto il rosso che vuole!!!».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

[Fonte: IL FLORICULTORE, n. 1-2, Gennaio-Febbraio 2016]

  


 

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Anny Pellecchia

>> Cresciuta nello storico negozio di fiori di famiglia a Salerno e in un giardino incantato realizzato da mio padre Ugo Pellecchia non potevo che continuare la tradizione e scrivere le mie "Riflessioni tra i fiori" per Il Floricultore. Perché il mondo del verde ha sempre qualcosa da raccontare!

       

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