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Il babà lievitato, il pollice nero

e il “Mal di Natura”

 

La felicità o il semplice star bene scaturisce dall’impegno, dal metro delle cose, dalla misura delle nostre aspettative, dal saper aspettare e questo ce lo insegna solo la natura. Per conoscerla, la devi osservare, devi dimenticare i tuoi tempi ed imparare i suoi. E così si finisce per cambiare, non si è più un triste “pollice nero”, ma anzi si viene afferrati da quel “mal di natura” che conquista definitivamente il cuore di chi si avvicina al nostro affascinante mondo delle piante e dei fiori.

 

di Anny Pellecchia

 

Sapete quanti clienti mi dicono: «Io ho il pollice nero, nerissimo, faccio morire anche le piante grasse!». Certo, il problema è quasi sempre lo stesso: innaffiature da inondazione con affogamento della vittima; ma io vorrei sapere chi ha detto quella frase standard «Acqua una volta alla settimana»? Comunque c’è molta approssimazione, la cosa più deleteria è poi il “passaparola”. Sicuramente non tutti nasciamo con il talento di giardiniere, però se ci affidassimo ad una persona competente del settore o ad un amante delle piante, con le giuste indicazioni da una parte e l’impegno dall’altra, potremmo arrivare a far diventare quel pollice nero se non proprio verdissimo, almeno verde e con grandi soddisfazioni.

Per sdrammatizzare lo sconforto di molti dico sempre la stessa frase: «Lei ha idea di quanti babà (dolce napoletano) ho dovuto gettare nella spazzatura prima di sfornare quello giusto?». Sono felice di esserci riuscita, la pazienza, l’amore, l’esperienza sono stati gli ingredienti del successo! Sicuramente, bisogna lavorare a lungo per afferrare l’essenza delle cose belle che la vita ci mette a disposizione.

Grazie al mio lievitato babà, voglio a tutti i costi che quei “pollici neri” non rimangano tali; così ogni volta che ne trovo qualcuno disperato, mi offro per salvarlo da un’esistenza che con la mancanza “dell’essenza del verde” sarebbe davvero triste! E già, il verde aiuta molto la tristezza!

Il pittore Claude Monet può confermarlo. Quando era ragazzo si dedicò al giardinaggio, solo perché era triste. Zappettava, toglieva le erbacce, concimava, piantava semi nel suo piccolo giardino. In vecchiaia dirà poi: «Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore».

Leonardo Da Vinci leverebbe sicuramente quel “forse”, perché per lui: «Fondamento dell’esistenza è la conoscenza della Natura, poiché essa è nella vita e nell’arte la maestra dei mestieri».

Per conoscere la natura, la devi osservare, devi dimenticare i tuoi tempi e imparare i suoi tempi. Per curare una pianta in appartamento o in balcone le devi chiedere qual è il suo paese d’origine, il suo clima. Per lei, che hai deciso di portarla a casa e viverci insieme, ti devi trasformare in pioggia per innaffiarla, in vento per levarle le foglie e i fiori secchi, in cibo somministrandole concime. Le piante non hanno le gambe né la voce per dirci che quel posto dove l’abbiamo posizionata non è così perfetto come pensavamo, correnti, eccessi di luce o troppo buio potrebbero danneggiarla. A volte bastano piccoli spostamenti anche di pochi centimetri per cambiarne le sorti. Imparare a guardare la natura cambia le coordinate che ci eravamo costruiti, ci insegna a vedere il mondo da un’altra prospettiva. Una volta mi divertì molto leggere su una rivista l’affermazione del noto designer italiano Enzo Mari: «Avessi potuto, avrei fatto il contadino». Tanti premi, tanti riconoscimenti, eppure lui, libero e coerente proprio come madre Natura, è felice solo tra le piante della sua terrazza milanese.

La foto sul giornale di quell’uomo anziano così sereno tra il verde, mi riportò alla mente tutta l’anima del padre poeta Virgilio, il quale nelle “Georgiche” ci parla del vecchio di Corico che viveva felice e ricco come un re curando con amore il suo piccolo podere. Questa felicità o il semplice star bene scaturisce dall’impegno, dal metro delle cose, dalla misura delle nostre aspettative, dal saper aspettare e questo ce lo insegna solo la natura. Essa fa anche di più, facendoci ottenere altri risultati del tutto inaspettati che non cercavamo e che non pensavamo potessero farci piacere, proprio come accadde al pittore Monet.

Insomma, il mio intento è far venire il così detto “mal di natura” che ben conosceva anche Virgilio, al quale ingiustamente furono confiscate le sue amate terre nel cremonese e nel mantovano. Per tutta la vita soffrì la perdita di quei luoghi che gli incantarono l’anima. Quel mondo meraviglioso fatto di fiori e foglie non solo lo cercò costantemente, ma lo cantò nelle “Georgiche” e nelle “Bucoliche” come nessun poeta prima. Grazie a Virgilio, nacque quella stirpe di poeti che creerà un firmamento luminosissimo nella letteratura italiana ed europea. Egli cantò la natura come un vero innamorato, perché quando una pianta fiorisce dinnanzi ai nostri occhi ci regala uno stupore religioso, una carezza all’anima, un dono d’amore.

 

[Tratto da IL FLORICULTORE, Aprile 2011]

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

  


Anny Pellecchia

>> Cresciuta nello storico negozio di fiori di famiglia a Salerno e in un giardino incantato realizzato da mio padre Ugo Pellecchia non potevo che continuare la tradizione e scrivere le mie "Riflessioni tra i fiori" per Il Floricultore. Perché il mondo del verde ha sempre qualcosa da raccontare!

       

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