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L’ape umana e l’inebriante profumo dei fiori

 

Non soltanto la vista, ma anche l’olfatto può essere letteralmente sedotto da una combinazione di fragranze in grado di catapultarci in un mondo fatto di visioni, emozioni, immagini e ricordi

 

di Anny Pellecchia

 

Molte persone che entrano nel mio negozio, ancor prima di vedere i fiori, esclamano: «Che profumo!». L’ape umana, che è in noi, si avvicina ai vasi ricolmi di corolle, cercando di capire l’origine di quel profumo che li inebria.

L’acquisto di un bouquet di freesie o viole, pisello odoroso o rose, accompagnato da fronde verdi di mirto, rosmarino, geranio ecc. è sicuramente vincente non solo come appagamento estetico, ma seduce letteralmente l’olfatto.

Una combinazione di fragranze per un fiorista, così come per un profumiere (fabbricante di profumi – NdR), significa creare un mondo fatto di visioni, emozioni, immagini e ricordi.

Certo, oggi quando si parla di profumi, l’immaginario collettivo vola subito a Parigi, e come dare torto: Luigi XIV (1638-1715), detto il Re Sole, profumò tutta la sua corte; nulla sfuggiva agli effluvi profumati (corpo, capelli, parrucche, vestiti, guanti, scarpe, mobili, lettere, fazzoletti ecc.). La cittadina di Grasse, nel sud della Francia, diventò la “Roma dei profumi”, capitale incontrastata di tecniche di estrazione delle essenze da fiori e piante.

Tutti però sappiamo che l’origine dei profumi si perde nella notte dei tempi ed io, che sono sempre troppo stretta nel mio negozio di fiori e nella mia epoca, metto indietro le lancette del tempo al 370 a.C. e sposto le coordinate geografiche in Grecia.

Voglio parlarvi, se ancora non lo conoscete, di Teofrasto (372-287 a.C.), filosofo peripatetico successore di Aristotele, le cui opere di botanica sono giunte fino a noi: “Storia delle piante” e “Le cause delle piante”.

Teofrasto fu il primo a guardare e studiare il mondo degli aromi con occhio attento. Ponendo a confronto sapori, colori e odori del mondo vegetale entrò nell’anima odorosa della natura e scrisse il primo trattato “Sugli Odori” dedicato alle piante aromatiche e ai loro impieghi nell’arte della profumeria antica, sulla composizione di un profumo e della sua creazione da un punto di vista artistico. Nel suo lavoro il filosofo greco era instancabile: avendo capito che la natura non era altro che un immenso mosaico di essenze più o meno profumate, catalogò centinaia di fiori, radici, foglie ecc. fino ad imbattersi nella concezione della volatilità del profumo, la rosa per esempio evapora rapidamente. Capì che il miglior eccipiente per diluire gli aromi era l’olio, che il caldo e la luce erano nemici dei profumi, che il miglior modo per conservarli era in boccette di alabastro, materiale freddo e compatto in grado di non fare evaporare l’essenza e tanto meno permetteva ad altri odori estranei di filtrare all’interno.

Naturalmente, nulla accade per caso: Teofrasto visse in un epoca straordinaria; i suoi maestri furono Platone e Aristotele e la chiave di volta per le sue ricerche scaturì dalle spedizioni di Alessandro Magno, suo contemporaneo e allievo degli stessi maestri. Sapete cosa significa per un uomo del 370 a.C.? Il mondo conosciuto non era vasto, la possibilità di viaggiare era difficilissima. Alessandro Magno, un ragazzo macedone di appena 22 anni e, secondo la tradizione, di discendenza divina, realizzò un impero senza frontiere spingendosi dove nessuno mai aveva osato. Nelle mani di Teofrasto, grazie al grande condottiero, arrivò un materiale preziosissimo, variegato e non sempre facile da capire, fatto di piante e radici che gli parlavano attraverso il profumo delle terre magiche dell’India, delle mille e una notte dell’Arabia Felix, della Via degli incensi e della Via delle Spezie.

Lo studioso sapeva di essersi inoltrato in un mondo fatto di alchimie, aveva imparato a catturare l’anima delle piante: «La trasformazione di materie umili in una più ricca e pregiata». Il mondo misterioso ed invisibile delle fragranze ha un potere magnetico di attrazione, benessere, desiderio, sogno, eccitazione, potere ecc.

Dal racconto di Plutarco sappiamo che: «Alessandro Magno, dopo aver espugnato l’accampamento di re Dario (re di Persia), fra tutti gli altri oggetti che formavano la dotazione reale, s’impadronì di un cofanetto di profumi. Una volta aperto, il profumo, fratello del respiro, penetrò in lui direttamente all’anima ed esclamò: “Questo, a quanto pare, è ciò che significa essere re!”».

Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio la lettura del libro “Il profumo nel mondo antico” di Giuseppe Squillace, editore Leo S. Olschki.

[Tratto da IL FLORICULTORE, Maggio 2011]

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

  

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Anny Pellecchia

>> Cresciuta nello storico negozio di fiori di famiglia a Salerno e in un giardino incantato realizzato da mio padre Ugo Pellecchia non potevo che continuare la tradizione e scrivere le mie "Riflessioni tra i fiori" per Il Floricultore. Perché il mondo del verde ha sempre qualcosa da raccontare!

       

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