Nuove frontiere del vertical farming: la geoponica rotativa di Futura Gaïa
La start-up francese sperimenta un nuovo sistema di coltivazione su cilindri rotanti che potrebbe dare una svolta al settore agroalimentare. E non solo
Siamo a Tarascona, dipartimento delle Bocche del Rodano, Francia meridionale. Qui la start-up Futura Gaïa sta testando un nuovo sistema di vertical precision farming, cioè di agricoltura verticale di precisione in ambiente controllato. Lo scopo della sperimentazione, partita la scorsa estate, è arrivare a vendere la tecnologia a industrie agroalimentari, farmaceutiche, cosmetiche, alla distribuzione alimentare e alla ristorazione.
LE PARTICOLARITÀ
Rispetto agli impianti di vertical farming già in funzione in Europa, Italia compresa, a Tarascona le insalate, le erbe aromatiche e i piccoli frutti crescono non su ripiani sovrapposti ma dentro cilindri cavi illuminati all'interno e in rotazione costante. Inoltre, non si tratta di coltivazione idroponica né aeroponica, ma geoponica. Ecco perché Futura Gaïa sintetizza la propria attività con l'espressione géoponie rotative, geoponica rotativa.
I BENEFICI
Futura Gaïa offre i medesimi vantaggi delle “classiche” vertical farm: risparmio di suolo, di energia e di acqua; nessun uso di pesticidi/fungicidi/insetticidi chimici; produzione “destagionalizzata” e costante per qualità e quantità; riduzione dei costi di trasporto del prodotto finito, dato che gli impianti possono sorgere nelle immediate vicinanze delle città.
Grazie ai cilindri rotanti, però, l'uso dello spazio è massimizzato e si sfrutta la gravità per nutrire e irrigare le piante (in pratica, nutrienti e acqua gocciolano sulle radici man mano queste vengono portate in alto dai cilindri).
I SOSTENITORI
La géoponie rotative sta raccogliendo consensi fra molte aziende hi-tech, come dimostrano le collaborazioni siglate di recente con Phytocontrol, gruppo esperto in materia di sicurezza sanitaria delle acque e dei prodotti alimentari, e con AKKA Technologies, società di servizi di ingegneria e consulenza tecnologica.
Francesca Trabella
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