Cimice asiatica: l’emergenza continua
A "Macfrut" 2021, nel corso del terzo congresso internazionale sulle Biosolutions, studiosi ed esperti hanno confermato che il problema è tutt’altro superato. Intanto si studiano nuove soluzioni per contrastare l’insetto nocivo
«La cimice asiatica è diventata la situazione più critica in assoluto in questi anni per il settore agricolo». Lo ha dichiarato Luca Casoli, direttore Consorzio Fitosanitario di Modena e Reggio-Emilia, in apertura del terzo congresso internazionale sulle Biosolutions svoltosi nell’ultima giornata di Macfrut 2021, lo scorso 9 Settembre. L’evento organizzato da Agri2000 è stato l’occasione per fare il punto sull’emergenza e i risultati fin qui conseguiti. Casoli ha ripercorso la vicenda, ricordando che la cimice asiatica è apparsa in Italia nel 2012 e nel 2014 si sono registrati i primi danni. Il 2019 è stato l’anno peggiore, poi nel 2020 il Comitato Fitosanitario Nazionale ha approvato un programma di lotta biologica coordinato dal Crea che ha avviato un programma di contenimento della specie a livello territoriale. I primi rilasci di Vespe samurai nelle zone delle colture frutticole sono avvenuti nello stesso anno e sono stati ripetuti nel 2021. Gli esiti delle operazioni sono in corso di valutazione.
Quel che è certo è che il problema della cimice asiatica non è assolutamente superato e resta una grossa emergenza, come ha evidenziato Pietro Castaldini della Direzione tecnica cooperativa Patfrut. «Siamo partiti con le difese chimiche, ma, effetti collaterali a parte, non sono comunque sufficienti. Con le reti monofila anti insetto i risultati sono leggermente superiori, da utilizzare però insieme alle sostanze chimiche nei momenti di massima migrazione del parassita. Ci siamo dati da fare con strategie alternative e abbiamo notato che con semplici trappole innestate con il feromone, con sotto un contenitore pieno di acqua saponata, le catture sono molto importanti, più alte rispetto a tutte le altre trappole. Ma non basta: la pericoltura oggi è in grande difficoltà».
Gabriele Rondoni, dell’Università di Perugia, ha invece fatto il punto sulle sperimentazioni in atto: «Secondo le ricerche condotte, il perfezionamento di strumenti per il monitoraggio e cattura massale della cimice asiatica mediante la combinazione di stimoli olfattivi e visivi è cruciale per la messa a punto di sistemi a difesa sostenibili, in particolare quegli agroecosistemi ‘non comuni’ per la cimice asiatica, come l’ulivo».
Renzo Bucchi, responsabile scientifico Agri 2000, ha parlato infine dei risultati sul campo e di nuove soluzioni. «Per quanto riguarda i prodotti biologici, la Beauveria bassiana ha portato in laboratorio alla mortalità di individui trattati, con valori che vanno dal 90 al 100 per cento. Molto interessante è stato anche l’impiego delle polveri che derivano dalle rocce, anche se è difficile reperire gli impolverizzatori. Oggi stiamo sperimentando l’utilizzo e messa a punto di una struttura, l’Augmentorium, che permette di attrarre ed allevare le cimici al suo interno permettendo ai soli parassitoidi di entrare e uscire attraverso una rete con una maglia adeguata. Questo potrebbe diventare uno strumento chiave capace di confinare la cimice asiatica e favorire la moltiplicazione e stabilizzazione dei suoi parassitoidi».
Intanto cresce la preoccupazione per i danni economici. «Le organizzazioni agricole stimano perdite per il sistema agroalimentare italiano dovute ad organismi alieni nocivi nel 2019 in circa 1 miliardo di Euro, valore superiore a un quinto del totale delle esportazioni del Made in Italy agricolo», ha concluso Pio Federico Roversi, direttore del Crea.
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