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Smog: nemica nebbia, amici alberi

 

Ricercatori dell'Isac-Cnr di Bologna e della University of Southern California hanno evidenziato che la nebbia aumenta la tossicità del particolato atmosferico. Sempre il Cnr spiega invece il ruolo benefico degli alberi

 

Il rapporto Mal’Aria 2018 di Legambiente e l’ennesima tirata d’orecchie dell’Unione Europea ci hanno restituito l’esatta dimensione dell’emergenza smog in Italia. Il 2017 è stato un anno da “codice rosso”: nelle grandi città l’aria è stata quasi sempre irrespirabile a causa delle elevate concentrazioni di polveri sottili. Anche dal rapporto ‘MobilitAria’ dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr e del Gruppo mobilità sostenibile del Kyoto Club emergono dati allarmanti: sebbene nel periodo esaminato, 2006-2016, si riscontri un miglioramento della qualità dell’aria, le quattordici principali città italiane sono ancora caratterizzate da livelli di concentrazione e numero di superamenti giornalieri oltre i limiti.

Lo smog non attanaglia solo metropoli come Milano, Torino o Roma, ma anche piccole o medie città di provincia. Il fenomeno è particolarmente diffuso nell’area della Val Padana: a Cremona, Pavia, Lodi, Monza, Mantova, Alessandria o Padova le concentrazioni sono al di sopra della soglia stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Nel bacino padano i mesi più critici sono quelli invernali: in tale periodo si formano, nei bassi strati dell’atmosfera, estese coltri di nebbia che finiscono per influenzare concentrazioni e caratteristiche del particolato atmosferico (PM). All’argomento è dedicato uno studio svolto dai ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna in collaborazione con i colleghi della University of Southern California e pubblicato su Atmospheric Chemistry and Physics.

«Da indagini tossicologiche condotte in vitro allo scopo di analizzare lo stress ossidativo in cellule di tessuto polmonare esposte a estratti di campioni di PM e di acqua di nebbia prelevati presso una stazione rurale della Val Padana», spiega Stefano Decesari dell’Isac-Cnr «è emerso come il potenziale ossidativo – che si ritiene essere responsabile di importanti danni biologici ed associato a numerose patologie croniche – delle sostanze presenti nelle goccioline di nebbia sia più che raddoppiato rispetto a quello delle particelle di PM su cui le stesse goccioline si sono formate».

Secondo i ricercatori la diminuzione storica della frequenza di nebbia verificatasi negli ultimi trent’anni nelle regioni del bacino padano potrebbe quindi aver portato a un miglioramento della qualità dell’aria di questi territori, confermando il complesso legame che intercorre tra cambiamenti del clima e inquinamento atmosferico.

Altri studi del Cnr, che vedono in prima fila la ricercatrice Rita Baraldi, da tempo hanno posto in evidenza come la presenza di alberi possa concorrere ad abbattere i livelli di CO2 e di polveri sottili. In sostanza le particelle a noi estremamente dannose restano imprigionate sulla superficie fogliare, che agisce come un vero e proprio “filtro”. Non tutte le specie svolgono questo prezioso lavoro allo stesso modo, alcune sono più efficaci di altre. Il CNR-Istituto di Biometeorologia (Ibimet) di Bologna ha realizzato una banca dati che stima proprio la capacità degli alberi di rimuovere la CO2 dall’atmosfera accumulandola sotto forma di biomassa oltre alla capacità di emissione di sostanze organiche volatili (VOC). Chi fosse interessato a saperne di più può leggere l’articolo "Alberi anti-smog nelle città" pubblicato sul numero di Marzo 2012 de Il Floricultore.

 

alberi anti smog nelle città IlFloricultore20120324 min

 


       

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