Per fare un giornale ci vuole un fiore 

 

Nel marzo del 1964 l’intuizione e la caparbietà tranquilla di Bruno Nunziata fanno nascere «Il Floricultore» che racconta con entusiasmo la crescita di un intero settore. Il primo editoriale: «Il nostro scopo: superare quelle deleterie forme di individualismo che danneggiano la floricultura italiana»

 

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«Anno primo, numero uno», era questo l’attacco, l’incipit si direbbe, letterariamente parlando, del primo editoriale de «Il Floricultore». La carta, ingiallita dal tempo, del formato tabloid reca infatti la data 1 marzo 1964.

Quello confezionato in Via Beroldo 6 a Milano, un seminterrato vicino alla Stazione Centrale, è il primo numero di un giornale che rappresenta uno straordinario caso di longevità editoriale.

Era un’Italia diversa quella in cui il fondatore, Bruno Nunziata, un intraprendente napoletano, allora neanche trentenne (era nato nel 1935), aveva creato il suo giornale. Un’Italia nel pieno fermento del boom economico, di una crescita forsennata, di un ottimisto senza eguali.

Nunziata è arrivato a Milano, l’epicentro di quello sviluppo, dieci anni prima. Non c’è arrivato con la valigia di cartone legata con lo spago, come molti in quel periodo, perché è figlio di un ferroviere e di una casalinga che, a costo di sacrifici, hanno permesso a lui e ai fratelli di arrivare fino all’università, ma certo è un giovane che, per mantenersi nella metropoli lombarda e per studiare Agraria, sua grande passione, non sta con le mani in mano. Alla fine di lavori ne conta ben 17 e uno degli ultimi è la rappresentanza commerciale nel settore florovivaistico (prodotti per la nutrizione e la protezione delle piante e degli operatori).

È proprio in questo suo spostarsi da una serra all’altra, da un vivaista all’altro, che Nunziata realizza come quel piccolo mondo fatto di colori e di passione manchi di uno strumento che circuiti le informazioni, le opportunità commerciali, le soluzioni ai problemi.

Nunziata vede crescere quel pezzo d’Italia in maniera tumultuosa come il resto del Paese, ma senza un raccordo, senza un legame, senza un filo rosso che tenga insieme i tanti operatori che da Nord a Sud ne costituiscono il tessuto.

«L’opera infine che Il Floricultore si propone con maggiore entusiasmo», scrive Nunziata, nel primissimo editoriale intitolato “Il nostro scopo”, «è quella di gettare una base per il superamento di tanti pregiudizi e di quelle deleterie forme di individualismo che finiscono per danneggiare non solo i singoli, ma tutta la floricultura italiana, oggi costretta a subìre da parte delle Nazioni meglio organizzate in materia, siano esse di antica tradizione floricola oppure nuove a questa attività, la legge dei più forti».

Parole che spiegano bene da dove nasca l’idea di un giornale, messo in piedi contro il naturale scetticismo di molti, anche nella cerchia dei familiari e degli amici. «Un giornale? Una pazzia», gli dice più d’uno.

 

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Bruno Nunziata nella prima redazione de «Il Floricultore» in via Beroldo a Milano

 

Bruno Nunziata non è però tipo da scoraggiarsi, la sua mitezza lo porta ad ascoltare tutti, certo, ma se vede la forza e l’utilità di un progetto, ne percorre la strada fino in fondo.

Così nel marzo del 1964, il suo Floricultore esce dalla tipografia Artigianelli di Monza che pare una mimosa di quelle che, in quei giorni, impreziosiscono i giardini di mezza Italia. E se quei fiori erano attesi a un grande successo commerciale, ma molti anni dopo, assurgendo a simbolo della donna e delle sua emancipazione, «Il Floricultore» da subito fa innamorare i suoi lettori.

Chi coltiva fiori e piante, chi tratta il fiore reciso, ci trova subito la sua attività, le sue problematiche professionali, le informazioni che gli occorrono. Nel primo numero si può leggere di “Ortensie e azalee pronte al boom”, ci sono le notizie sugli antiparassitari e compare la “Borsa dei fiori”, con le quotazioni dei mercati di Milano, Sanremo e Pescia.

L’apertura del giornale è però sulla Fiera di Verona, grande rassegna agricola, a cui massicciamente arriveranno, si può leggere, “i fiori di Sanremo”, risposta dell’Ente mostre floreali della “Città dei fiori” ai bellicosi intenti di Olanda e Belgio che, nell’edizione precedente, avevano spopolato con stand scintillanti, ricolmi delle ricche produzioni del Benelux.

La formula è da subito chiara: un’informazione tecnica, documentata, competente, che nasce dalla conoscenza profonda del settore. Nunziata chiama giovani agronomi a svelare i misteri di piante allora sconosciute, a raccontare le bellezza di certe strutture, la potenza di certe fioriture. “La trascurata Saintpaulia fiorisce in tutte le stagioni”, spiega uno dei primi articoli che, nell’occhiello, si chiede: “Perché i nostri coltivatori continuano a ignorarla?”.

Grazie a quel giornale i florovivaisti scoprono anche l’inserzione, prendono le misure con la prima comunicazione pubblicitaria. C’è la Mario Lazzeri di Merano, l’odierna Lazzeri Agricultural Group, c’è la Moreschi di Milano, divenuta Moreschi Madesani, c’è la Norcom di Milano: aziende giovani o meno giovani, che sentono il bisogno di parlare ad altri operatori, comunicando le proprie produzioni, il proprio lavoro, la forza della propria professionalità. Chi coltiva gerani scopre che c’è un terriccio nuovo, chi fa gelsomini da seme, conosce nuovi ibridi. Le novità camminano sulle pagine de «Il Floricultore», l’entusiasmo di un settore che cresce, trasuda da un numero all’altro. Ci sono i tanti annunci in cui si offre lavoro: nelle serre, nei vivai, nei giardini. “Per risolvere il problema della scarsità di manodopera”, recita un ampio articolo che presenta infatti le inserzioni per la ricerca di personale.

Nell’Italia che saluta l’apetura del Traforo del Gran S. Bernardo, che guarda orgogliosa il taglio del nastro dell’Autostrada del Sole, che si pavoneggia per la vittoria di Gigliola Cinquetti all’Eurovisione con “Non ho l’età”, c’è «Il Floricultore». Neppure lui ha l’eta, ma si farà grande presto. La canzone che lo descrive meglio però l’avrebbero scritta solo 10 anni dopo, grazie al genio di Sergio Endrigo: “Per fare tutto, ci vuole un fiore”. Anche per fare un giornale.

Giampaolo Cerri

[Tratto da "Il Floricultore", Marzo 2014]

 


 

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1964-2014 Cinquant'anni di florovivaismo 

 

Mezzo secolo de «Il Floricultore» sono cinquant’anni di florovivaismo italiano. L’anniversario storico di questa testata è un po’ la festa di un intero settore che, in questi cinque decenni, è cresciuto in creatività, capacità produttiva, estro imprenditoriale dei suoi protagonisti.

Quella della nostra rivista è una lunga stagione nella quale tanti uomini, donne, aziende e prodotti hanno trovato la loro consacrazione, il loro successo, la loro impronta sui mercati, non solo nazionali.

Per questo, spegnendo con orgoglio le nostre 50 candeline, vogliamo festeggiare questo settore, queste storie aziendali e professionali che hanno fatto grande il florovovivaismo italiano.

       

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