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Alberi che crollano come stuzzicadenti:

stop gare massimo ribasso

 

È l’appello di Francesco Mati, presidente sezione prodotto florovivaistico Confagricoltura Toscana, dopo l’ennesima strage causata dal vento. La buona o la cattiva manutenzione fanno la differenza

 

Da settimane in Italia si sta parlando molto di gestione delle foreste: naturali, frutto di rimboschimenti e anche urbane. Episodi recenti, primo fra tutti le devastazioni tra i boschi del Bellunese ma anche i tanti schianti lungo i viali cittadini, hanno acceso i riflettori su quella che ormai si configura come una vera e propria emergenza: lo stato di salute dei nostri alberi.

D’accordo, di fronte a eventi estremi, come le raffiche di vento che soffiano oltre centocinquanta chilometri orari, le piante possono anche cadere. Ma, come hanno chiarito più volte gli esperti, in caso di folate forti e tuttavia ordinarie la buona o la cattiva manutenzione fanno la differenza.

L’ultimo appello arriva da Confagricoltura Toscana: «Stop a gare al massimo ribasso. Servono nuove norme».

Il tema non è nuovo. È stato al centro anche di un convegno svoltosi lo scorso mese di maggio a Milano. Il criterio del massimo ribasso, era stato detto senza mezzi termini in quella occasione, è un sistema diffuso da nord a sud Italia e trasversale ad amministrazioni pubbliche di grandi e piccole dimensioni che favorisce situazioni di illegalità e causa un danno economico, paesaggistico e ambientale perché quasi sempre è accompagnato dalla bassa qualità dei lavori eseguiti.

mati francesco min

Non le manda a dire neppure Francesco Mati (nella foto), presidente sezione prodotto florovivaistico Confagricoltura Toscana, intervenendo sulla nuova strage di alberi che ha colpito la Toscana il passato week-end: «Non è colpa del destino cinico e baro se basta un po’ di vento per buttare a terra i nostri alberi nelle nostre città mettendo in pericolo la sicurezza delle persone e dei loro beni. È colpa di un sistema che non regge più».

La nota di Confagricoltura Toscana parla di piantagioni urbane risalenti a cinquanta anni fa che non sono state adeguatamente curate e che anche per questo hanno esaurito il loro ciclo vitale, dunque non riescono più a garantire neppure il minimo lavoro di pulizia dell’aria, oppure di alberi impiantati una trentina di anni fa in modo totalmente sbagliato sia per la pianta scelta che per il luogo dove è stata messa.

«Il risultato – spiega Mati – è che così sulle teste dei cittadini abbiamo un sistema di alberature pubbliche pericoloso e insufficiente, ma anche uno spreco di soldi pubblici perché poi i lavori fatti male e pericolosi devono essere continuamente rimessi a posto».

Da qui la richiesta di abbandonare un sistema di gare che punta tutto sul taglio dei costi e che vanifica di fatto ogni tentativo e proposito di migliorare e incrementare il verde urbano.

«Come vivaisti», conclude il presidente sezione prodotto florovivaistico Confagricoltura Toscana, «siamo pronti oramai da tempo per rispondere alle nuove esigenze qualitative e quantitative contenute nelle schede Qualiviva, il documento tecnico-scientifico del Ministero dell’Agricoltura e Foreste dedicato agli uffici tecnici comunali per aiutarli proprio a scegliere le piante più adatte a ogni luogo e a gestirle nel migliore dei modi».

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